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mercoledì 31 agosto 2011

Ricordi di estati lontane che fanno lievitare il cuore...

Nelle sue estati da bambina " vacanza" significava semplicemente "niente scuola". Lei non ricordava mai che suo padre e sua madre avessero smesso per un solo giorno di lavorare, poichè avendo un'attività commerciale in un piccolo paese che vive solo d'estate, le ferie erano un lusso. Per fortuna, c'era  il mare di fronte casa, quindi era un pò come essere sempre in vacanza. E poi c'era la settimana dalla zia Emma.
La zia Emma era una persona veramente speciale, era più di una semplice zia di sua madre... l'aveva vista nascere e le aveva cambiato per prima il pannolino... la zia Emma che adorava le sue nipoti e le figlie delle sue nipoti, lei, la zia Emma, sempre circondata da maschi-fratelli e da  maschi-figli, ogni estate  aspettava a casa sua, a Messina, le sue nipotine per viziarle e coccolarle. 

Ogni mattina alle 8,00 in punto l'aria si riempiva di melodie napoletane struggenti... e dopo qualche istante un profumo intenso pervadeva ogni cosa... Presto, presto... è arrivato! Andiamo !.... Era Tania, l'amica del cuore delle vacanze messinesi dalla zia...Qualche spicciolo al volo dallo zio Mario pronto per andare in ufficio e via la corsa giù per il labirinto delle scalette, fino alla stradina principale, mentre quel profumo diventava sempre più forte. 'U surdatu nnammuratu era già finita... ora attaccava Core ingrato.... presto! 
Eccolo lì... il signore grassoccio con il suo carretto d'argento. Una granita cioccolatto e panna e una fragola e panna e due briosce! Diceva Tania di un fiato, guardando l'amichetta calabrese con un cenno d'intesa. L'uomo  prendeva due bicchieri di plastica, apriva un contenitore dal tappo rotondo e con un cucchiaio di legno prendeva un pò di panna e la spalmava sul fondo dei bicchieri,  poi apriva il coperchio del primo pozzetto, quello della granita al cioccolato, pescava con un mestolo la granita e riempiva il  bicchiere. Lo stesso faceva per quella alla fragola. Poi  prendeva ancora un pò di panna, la spalmava sulla granita fino a riempire il bicchiere e ci appiccicava sopra un tovagliolino di carta a mò di coperchio. Quindi apriva un grosso contenitore di vetro trasparente, dal quale si  sprigionava un profumo che arrivava fino alle case intorno, insieme agli acuti di Beniamino Gigli, e ne estraeva due brioches, rotonde, lucide, fragranti e le metteva dentro un sacchettino di carta. Il resto era tutta una corsa verso la cucina di casa della zia, per gustare quella colazione speciale prima che si sciogliesse troppo: le ragazze staccavano il tuppo dalle brioches e lo intingevano avidamente nel bicchiere colmo di panna e granita. E così per tutte le mattine di quella settimana, e per tutte le settimane di quelle estati messinesi delle vacanze da bambina, in cui bastava attraversare lo Stretto per essere dall'altra parte del mondo.


BRIOCHES SICILIANE
col "tuppo"

300 gr di farina manitoba
200gr di farina 00
50gr di olio di semi di mais
270ml di acqua
50 gr di zucchero
un pizzico di sale
scorza di arancia
12,5 grammi di lievito di birra

un tuorlo +due cucchiai di latte per spennellare

per 10 brioches

Misceliamo le due farine, il sale e lo zucchero, quindi uniamo l'olio e impastiamo un pò. Appena l'olio  sarà assorbito dalla farina, versarvi 150ml di acqua tiepida e continuare a impastare . Sciogliamo il lievito nei restanti 120 ml di acqua e uniamo all'impasto, e per ultima la scorza d'arancia grattugiata. Impastiamo ancora fino a ottenere una palla morbida e un pò appiccicosa. Facciamo riposare l'impasto per 10 minuti, coperto da un canovaccio umido, quindi dividiamolo in pezzature da 80gr circa e formiamo con ognuna una palla da 70gr+una pallina da 10 gr che appiccicheremo sopra con una leggera pressione. Disponiamo le palline su una teglia con carta da forno e spennelliamo con la mistura di tuorlo e latte. facciamo lievitare per 2 ore e mezza e poi inforniamo a 180° per 10 minuti, quindi abbassiamo a 160° per altri 10 minuti, fino a che le brioches non assumeranno un bel colore marrone .





La ricetta è liberamente rielaborata partendo da questa e anche da questa dello Ziopiero.

Per completare la vostra golosa colazione potete preparare una semplice granita al caffè, con  pari quantità di caffè e sciroppo, fatto con acqua e zucchero sciolto a caldo, a cui potete unire anche un cucchiaino di glucosio. Mettete in freezer per una notte e poi mantecatela con un minipimer. La panna montata d'accompagnamento è d'obbligo.





Questo è il mio modo per augurare a tutti voi un buon ritorno alla quotidianità e con questa ricetta partecipo al contest della super mamma Alessandra del blog  "Mamma Papera's blog".


se partecipi al mio nuovo contest


e al contest di Olio e aceto : Pronti per ricominciare?

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giovedì 11 agosto 2011

Un ultimo semifreddo e poi...buone vacanze!

E' arrivato anche per me il tempo delle vacanze, finalmente! Da domani ferie anche a casa mia! Diciamo che io vivendo in un posto di mare ed essendo in riposo forzato dal lavoro (...un modo carino per dire che sono disoccupata...) in vacanza ci sono da un pezzo, ma da domani inizieranno le ferie per mio marito, il che equivale a trascorrere un pò di tempo tutti insieme, senza orari, senza stress, in totale libertà. Non so se porteremo i bimbi in vacanza da qualche parte... non abbiamo ancora deciso nulla... ma ci basterà vivere il paese da turisti, svegliandoci all'ora che ci va, mangiando insalate o panini a pranzo, pur di rimanere qualche ora in più al mare e rimanendo in costume l'intera giornata, perchè anche la lavatrice e il ferro da stiro hanno diritto a un pò di ferie...loro...ihihihihi! Quindi auguro buone vacanze a chi ancora non è partito e una buona permanenza a chi non partirà.... spesso rimanere in città quando si è in buona compagnia, non è tanto male... si possono scoprire angoli mai visti perchè coperti dal caos quotidiano e vedere il mondo con occhi nuovi...
Vi saluto quindi... non prima però di avervi lasciato la ricetta del mio nuovo semifreddo! BUONE VACANZE!


SEMIFREDDO BLACK AND WHITE


500 ml di panna vegetale zuccherata oppure panna di latte fresca+1 cucchiaio di zucchero
3 uova
6 cucchiai di zucchero
100 gr di ciocco fondente al 70% fuso a bagnomaria
100 gr di cioccolato bianco fuso 
granella di nocciole
un pacchetto di biscotti tipo togo
un cucchiaio di rhum

Prendiamo uno stampo da plumecake e lo foderiamo con carta da forno, ma solo sui lati lunghi e sulla base: questo ci servirà per sformare più facilmente il semifreddo. Montiamo 500ml di  panna in una ciotola capiente. In un'altra ciotola montiamo gli albumi aggiungendo 3 cucchiai di  zucchero a piccole dosi, fino ad ottenere una bella meringa lucida e soda. Uniamo la meringa alla panna, mescolando le due masse dal basso verso l'alto, quindi versiamo il rhum e amalgamiamo. Montiamo i tuorli a crema con lo zucchero rimanente, quindi dividiamo la crema in due parti: ad una uniamo metà del cioccolato fondente fuso e all'altra il cioccolato bianco e mescoliamo bene. Dividiamo il composto di panna e meringa in due ciotole: in  una ciotola  uniamo la crema di ciocco nera e mescoliamo per fare amalgamare. Nell'altra invece uniamo la crema al ciocco bianco, mescolando delicatamente. Prendiamo lo stampo  e versiamoci metà del  composto nero, un paio di cucchiai di ciocco nero fuso, avendo cura di spalmarlo bene in uno strato sottile, un pò di granella, quindi metà del  composto bianco, un secondo strato di ciocco fuso e granella finiamo con l'ultimo strato di crema nera cercando di lisciarne la superficie il più possibile con una spatola. Mettiamo in freezer per almeno 12 ore , sformiamo molto delicatamente, aiutandoci con le ali di carta da forno. Decoriamo con tre file di ciuffi di crema al cioccolato bianco ( quella rimasta che avremo conservato in frigorifero), granella e i biscotti al cioccolato.










Dimenticavo! Prima di lasciarvi vorrei farvi partecipi di una nuova avventura che già chi mi segue su fb conoscerà... Da lunedì mi trovate anche in edicola! No... non ho aperto un chiosco di giornali! Mi troverete su "La cucina calabrese", un periodico di cucina tipica e innovazione gastronomica della Calabria, dove curerò una rubrica tutta mia che per titolo ha in nome del blob, ovvero "La ricetta della felicità". Spero mi seguirete numerosi anche lì e che mi accompagnerete con il vostro affetto anche in questa nuova esperienza.
Un abbraccio a tutti e ci rivediamo a settembre!



Un piccolo aggiornamento: è uscito il nuovo numero di "Yummy " e ci sono anch'io con la mia marmellata di prugne! Sfogliatelo on-line cliccando qui!




mercoledì 10 agosto 2011

Una delizia da riscoprire : l'alalunga "a ghiotta"

Tra i pesci più apprezzati a casa mia, quelli definiti "senza spine" dai bimbi sono i primi. Certo ...un pesce senza spine non si è mai visto... nemmeno a casa mia... quindi per traduzione, direi che i bimbi  (..e anche il loro papà) preferiscono i pesci a trancio o comunque quelli abbastanza grandi da poter essere sfilettati dal pescivendolo.
Uno di questi è sicuramente l'alalonga o alalunga... chiamata anche tonno bianco per la sua stretta parentela con il re delle scatolette di latta. In effetti sia il tonno che l'alalunga fanno parte della stessa famiglia, quella degli sgombridi, ma a differenza del cugino più famoso, l'alalunga ha una carne bianca e delicata, compatta e povera di grassi, ideale anche da fare sott'olio nei vasetti. Il nome di questo pesce deriva da un particolare del suo aspetto molto caratteristico e distintivo: le pinne pettorali molto lunghe e affusolate. La parte dell'alalunga che utilizzeremo per questo piatto è la surra ( anche questo termine di origine araba...) , ovvero i filetti appartenenti al ventre del pesce, boccone prelibato e gustosissimo.
Oggi vi spiegherò come prepararlo in un modo squisitamente tradizionale: alla ghiotta. La ghiotta, che sembra abbia origine araba, è una preparazione a base di pomodorini, capperi, olive e cipolla (o aglio...), che si usa spesso per accompagnare i pesci al trancio. Esiste anche una versione più ricca che prevede anche l'aggiunta di pinoli e uvetta e per alcuni pesci, tipo lo stocco, anche di patate. Io vi lascio la mia ricetta della ghiotta più tradizionale e secondo me, veramente deliziosa.






ALALUNGA "A GHIOTTA"

2 filetti di alalunga della surra
8 pomodori datterini o ciliegia
un pugno di olive verdi 
aglio e cipolla (per non far torto a nessuno...)
capperi a piacere
basilico e peperoncino
olio EVO


Preparazione del filetto: questa operazione la definirei preliminare, perchè andremo a cuocere il pesce per pulirlo meglio, prima di preparare la ghiotta. Mettiamo i filetti di surra in una padella capiente con un dito di acqua, disposti con la pelle a contatto della padella. Facciamoli bollire per una decina di minuti e comunque il tempo che da rosa diventino bianchi. Togliamoli dalla padella e facciamoli appena intiepidire, quindi puliamoli dalla pelle e da qualche spina sopravvissuta al pescivendolo. ne ricaveremo dei bei filetti bianchi e compatti che metteremo da parte.
In un'altra padella versiamo un paio di cucchiai d'olio EVO, la cipolla e l'aglio tagliati finemente e i pomodorini appena schiacciati. Facciamo cuocere per un paio di minuti, regoliamo di sale e uniamo i capperi dissalati e le olive a rondelle. Continuiamo ancora per qualche minuto la cottura, quindi aggiungiamo il basilico spezzettato a mano e il peperoncino, mescoliamo bene ed adagiamoci dentro i filetti di alalunga. Facciamo comporre bene il pesce con la ghiotta, mescolando delicatamente per qualche minuto . Serviamo tiepido e buon appetito!




domenica 7 agosto 2011

Il pero di Salvatore

 Salvatore voleva la robba, voleva QUELLA robba. Avrebbe fatto di tutto pur di comprarla, avrebbe trovato i soldi in qualche modo.... anche vendendo tutta la rrobba che aveva in paese. Certo quella terra, lì sulla montagna, sarebbe stata difficile da coltivare... era aspra e dura... proprio come lui. Salvatore era forte e testardo e niente lo spaventava, nemmeno quella montagna. E poi quella rrobba,  proprio  come lui,  nascondeva un tesoro, una ricchezza immensa: a San Giovanni c'era l'acqua .









Salvatore e Maria, sua moglie, lavoravano sodo su quella terra e la montagna aspra e dura diventò terra fertile e terrazze e armacìe (muri a secco in pietra), pietra su pietra, trasportata sulle spalle e sulla testa, e piante e frutti e galline e una pecora. Salvatore costruì  anche una caseddha ( casetta in legno e lamiera ) su quella rrobba perchè andavano presto la mattina a coltivare e ci trascorrevano la giornata...

Salvatore si alzava presto, molto presto, e lavorava al doppio binario... poi quando finiva di lì andava a San Giovanni, a piedi dal paese. Maria saliva col cupeddhu (cesta) in testa e quando Peppino era piccolo, nel cupeddhu ci metteva pure lui.
Maria e Salvatore avevano sei figli , due maschi e quattro femmine...Domenico, il maggiore, Antonia che lavorava come un masculu, Peppino, Betta e le gemelle, Angelina e Mariuzza:  lei, Maria,  faceva il pane e a mezzogiorno, quando il sole era alto nel cielo e le fronti grondavano sudore, tagliava il pane a metà, prendeva i pomodori dalla pianta, li spaccava in due, una cipolla, sale e poco olio...perchè costava caro... e ci cunzava il pane... una bevuta alla fonte dell'orto e poi Peppino si arrampicava  sul pero, in alto in alto, raccoglieva le pere e le lanciava giù... e via a morsi.




Salvatore ci ha lavorato tutta la vita in quella robba... e  Peppino.... e i figli di Peppino... e oggi anche i figli dei figli di Peppino... i miei figli. La storia del nonno Salvatore e della nonna Maria, Peppino la racconta oggi ai suoi nipoti, quando  se li porta in campagna  a vedere gli alberi e la frutta. Per lui il tempo che dedica a quella rrobba è sempre troppo poco... e si rammarica di non essere riuscito a mantenere tutti gli alberi e le piante che aveva piantato suo padre, nonno Salvatore. Il pero  è sempre lì... e Santina, sua moglie e mia suocera, con quelle meravigliose pere dell'albero di nonno Salvatore ci prepara i succhi di frutta senza porcherie... così i bimbi possono bere la frutta vera a merenda o a scuola. Peppino si arrampica ancora in alto in alto e raccoglie le pere e le lancia giù... e i bimbi via a morsi...  come allora, come quando erano tutti insieme, come quando era tutto rigoglioso e il sudore rigava il volto di nonno Salvatore sotto il sole di mezzogiorno.













SUCCO DI PERA BIO
un kg di pere, senza buccia e scarti
120gr di zucchero
600 ml di acqua
il succo di mezzo limone

Mettiamo in una pentola le pere, l'acqua e il succo di limone. Facciamo bollire per qualche minuto quindi uniamo lo zucchero e continuiamo la cottura per altri 30-35 minuti, da quando ricomincia a bollire. Frulliamo bene e invasiamo ancora bollente.
Se lo consumiamo entro un paio di giorni, basta tenerlo in frigo, altrimenti le bottigliette di succo vanno sterilizzate, facendole bollire, dopo avere invasato il succo, per 45 minuti.


en française



JUS DE POIRE BIO


un kilo de poires pelées et privè du centre
                                                                                                                  120gr de sucre
                                                                                                     600 ml d'eau
                                                                                             le jus d'un demi citron





Mettre les poires dans une casserole, avec l'eau et le jus de citron. Laisser bouillir pendant quelques minutes, puis mélanger le sucre et continuer la cuisson pendant encore 30-35 minutes, quand commence à bouillir. Remuer et réduire en liquide encore chaud.Il faut le garder au frigo si on va le boire en deux jours ou l’embouteiller et le faire bouillir pendant 45 minutes pour une conservation plus longue.


 BIO... vita... L'importanza di coltivare la terra secondo metodi tradizionali e sani... Non dimentichiamolo quando facciamo la spesa...! E se non avete la fortuna di avere, come me, la possibilità di coltivare prodotti BIO nel giardino di casa vostra, scegliete un'azienda che lo faccia per voi... come Alce Nero che ha fatto del biologico uno stile di vita. Con questa ricetta e con questa storia partecipo al loro contest  BIOgrafia di una storia.

contest Alce Nero Mielizia
e al consueto appuntamento con Ornella e il suo calendario....
Le nostre raccolte per il 2011

giovedì 4 agosto 2011

Carving in the kitchen ... quinta ricetta!

Un prato verde, il sole alto... un bambino trova un nido nascosto tra l'erba...forse è caduto dall'albero che gli fa ombra... che bello, pensa il bambino, cosa ci sarà dentro? Nascerà un uccellino? ... e si stende sull'erba ad aspettare, incuriosito e trepidante che qualcosa buchi quel guscio col becco ed esca fuori a farsi vedere.

L'ATTESA... è questo che vedo in questa opera... il momento più bello di un desiderio... l'attesa che questo desiderio, che questa curiosità, che questi pensieri diventino realtà.... l'attesa che ognuno di noi vive davanti al proprio uovo, alla propria vita... i sogni, le aspettative, i desideri che ognuno di noi spera di vedere uscire fuori da quel guscio quando si affaccia alla vita... : un lavoro che ci soddisfi, un amore che ci appassioni, una bella famiglia che ci gratifichi... una casa col giardino, un'automobile sportiva... e magari anche viaggiare intorno al mondo. Forse diverranno realtà o forse rimarranno sempre in quel guscio... ma l'attesa... l'ATTESA è un momento magico...che ti permette di liberare lo spirito verso l'infinito... anche solo per pochi attimi.

Il nido  racchiude l'uovo, lo abbraccia e lo protegge... proprio come in questi piccoli dolcetti, I NIDI DI FROLLA appunto, che abbracciano e proteggono un cuore di marmellata. Ve li offro virtualmente in abbinamento a queste mie riflessioni davanti alla quinta opera dello scultore Stefano Bianco, nell'ambito del progetto "Carving in the kitchen"  in collaborazione con il blog di Ornella, Ammodomio ...nell' ATTESA di poterli assaggiare...
La ricetta la trovate qui.

mercoledì 3 agosto 2011

Mmenduli cù zuccuru ovvero le mandorle pralinate della festa

Uno dei ricordi più intensi di quando ero bambina, legati al periodo estivo, è quello dei giorni della Festa. La Festa per uno scillese è la festa del santo patrono, San Rocco, che si svolge nella settimana che segue il 16 agosto. Da bambina l'attesa per quella settimana, in particolare per i giorni del sabato e domenica, era legata non tanto alla festività religiosa e alla processione, com'è naturale, nè alle serate di spettacolo con cantanti semisconosciuti o gruppi folk.... San Rocco era il mio secondo Natale. In quei giorni arrivavano le bancarelle degli ambulanti e tra le iesse (i mostaccioli) e il tiro assegno c'era LEI... la venditrice grassoccia di giocattoli. Che gioia! Passare in rassegna quei blister colorati, alla ricerca del dono perfetto, rappresentava già metà del divertimento! C'erano bambole, pistole ad acqua, macchinine di latta,  pistole da sceriffo con le fondine di cartone e i piccoli proiettili rossi, trottole col filo, barbie finte, passeggini, collane di plastica e corone con gemme colorate... Tra quelle bambole riuscivo sempre a scorgere il mio "prossimo figlio", magari col ciuccio, magari che faceva anche pipì e aveva il biberon con il latte vero.... Mio fratello optava sempre per le pistole da sceriffo, da vero masculo .... E poi c'era quel profumo.... il profumo dello zucchero filato, il profumo dello zucchero che si caramellava e diventava croccante, il profumo delle mmendule che tostavano in quella strana pentola che girava come una lavatrice.... e mia madre che di ritorno dal nostro giro tra le bancarelle, comprava un sacchetto di quelle mmendule cu zuccuru, croccanti e marroni, che tanto piacevano a mio padre.
Quello stesso profumo che oggi aleggia nella mia cucina mentre li preparo per la prima volta e  li assaggio con un filo di emozione...



MMENDULI CU' ZUCCURU
ovvero mandorle pralinate

300 gr di mandorle con la pellicina
300 gr di zucchero
mezzo bicchiere d'acqua


La ricetta è di una semplicità imbarazzante: mettiamo le mandorle, lo zucchero e l'acqua in una padella antiaderente ed accendiamo il fornello a fiamma vivace. Mescoliamo tutto bene, senza smettere, fino a che non si consuma tutta l'acqua. Ad un certo punto lo zucchero di appiccicherà alle mandorle, mantenendo il suo colore bianco: nonostante l'acqua si sia consumata... ancora non sono pronte. Continuiamo a mescolare, fino a che lo zucchero non diventa bruno e le mandorle non si distaccano spontaneamente le une dalle altre. Spegniamo e facciamole raffreddare su carta da forno.